LE FORME DI PRODUZIONE SUCCESSIVE |
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NELLA TEORIA MARXISTA . 1960 . 1980
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Natura, lavoro e produzione Nel comunismo primitivo, le condizioni di esistenza dei produttori sono dunque essenzialmente naturali, poco aggiungendo il lavoro umano ai prodotti naturali, spontanei, della natura, la quale è perciò il primo presupposto della produzione. In origine, dal momento che l'uomo stesso è un prodotto della natura, non vi è opposizione o differenza tra la sua forza lavoro naturale e le condizioni naturali del suo lavoro. In questo senso, può dirsi che l'uomo è padrone di – meglio: in armonia con – le proprie condizioni di produzione: queste non sono ancora risultato della produzione umana e non possono dunque ancora dominare od opprimere i produttori, sui quali pesa con tutta la sua preponderanza fisica solo la natura. Nel comunismo primitivo, queste forze produttive (forza lavoro, oggetto e mezzo di lavoro) sono reciprocamente legate e dominate dalla natura che le determina in ogni senso. A stabilire infatti il carattere dei rapporti sociali sono anzitutto la comunità consanguinea e l'ambiente naturale. Perché i mezzi materiali di produzione pervengano a condizionare i rapporti di tutta la società, occorrerà un lunghissimo e complesso rivoluzionamento dei rapporti sociali e produttivi. Parti costitutive del processo di produzione I presupposti naturali del comunismo primitivo e l'interazione delle diverse parti componenti il processo di produzione determinano la forma specifica della distribuzione o dei rapporti sociali. Mentre la comunità di sangue dà gli elementi della lingua, della razza, dei costumi ecc, la terra è il grande laboratorio o arsenale nel quale gli uomini attingono materiale e oggetto di lavoro, e fissano la sede, la base della loro comunità. Questa distinzione è essenziale per afferrare sia i rapporti del comunismo primitivo che la futura evoluzione verso il crescente dissolvimento dell'originaria unità sociale. Se nel comunismo primitivo gli uomini erano ancora ben lungi dal dominare la natura, essi non erano però ancora dominati dalla propria produzione, come, malgrado il "meraviglioso progresso" della tecnica, accade nel capitalismo. Non appena il comunismo primitivo attinse uno sviluppo che diede slancio ai fattori, ancora legati tra loro ma già specifici, del processo di produzione, il primo passo per accrescere le forze produttive che dovevano dissolverlo era compiuto. Il primo comunismo ha potuto conoscere sviluppi complessissimi, assai diversi l'uno dall'altro. I mezzi di sussistenza potevano talvolta scarseggiare in un luogo e abbondare in un altro, ma giammai potevano aversi rivolgimenti sociali non voluti, una rottura dei legami comunitari, una divisione della gens e della tribù in classi antagoniste e in lotta tra loro. La produzione evolveva certo entro limiti molto angusti, ma ... i produttori erano padroni del prodotto. Questo era l'immenso vantaggio della produzione barbarica, che andò perduto con l'avvento della civiltà: riconquistarlo, ma sulla base del possente dominio, ora raggiunto, della natura da parte dell'uomo, e sulla base della libera associazione oggi possibile, sarà il compito delle generazioni future.[6] Condizioni naturali e modi di produzione Nello schema sulle Forme successive, le prime caselle riguardanti le forze produttive danno una visione complessiva di come la forza lavoro sviluppa i suoi mezzi di lavoro nel corso della forma primaria. Ribadiamo a questo proposito che nel comunismo primitivo, contrariamente a quanto avviene ad esempio nel capitalismo, queste forze produttive non erano ancora decisive per la determinazione delle forme di distribuzione e di produzione. Proprio da tali differenze specifiche è caratterizzata ciascuna forma di produzione, senza che per ciò venga messa in dubbio la concezione fondamentale del materialismo economico. Marx ribadisce infatti incessantemente che tale visione oltrepassa di gran lunga l'economia di meschina concezione capitalistica. Abbiamo già visto che Marx considera ad esempio la lingua o la razza come fattori economici, e annovera tra questi anche la violenza rivoluzionaria che permette di passare da un modo di produzione inferiore a quello superiore. Già Lenin sottolineava, d'altronde, che Marx CONCEPIVA l'economia nel senso assai ampio, di tutto ciò che direttamente o indirettamente concerne la produzione, mentre i borghesi considerano come economico tutto quanto da vicino o da lontano ha a che fare col denaro. Nel Capitale, l'economia viene definita come un atto biologico di metabolismo tra uomo e natura, definizione in senso umano e non mercantile della produzione. In maniera perfettamente coerente, Marx vede dunque le due prime forze produttive del comunismo primitivo nella comunità consanguinea e nella natura ambiente. Meglio: questi due presupposti generano gli elementi immediati del processo di produzione che, nel capitalismo, formano la base economica dei rapporti sociali e di classe, e condizionano tutte le sovrastrutture.Scopo di questo studio è di mettere in evidenza i giganteschi rivolgimenti che modificano o trasferiscono rapporti e strutture di una determinata forma di produzione al fine di produrne un'altra. I rapporti capitalistici hanno così integrato molti rapporti del passato, modificati dalla luce che conferisce loro il rapporto capitale-salariato-rendita fondiaria e trasferiti talvolta fin nelle sovrastrutture, come ad esempio le nazionalità oggi istituzionalizzate o i fattori di razza che girovagano nelle teste e nella propaganda, mentre a livello dell'individuo questi fattori biologici hanno perso qualsiasi efficacia produttiva. Col progressivo allentarsi dei legami consanguinei, il fattore razza cambia, in ciascun modo di produzione, di contenuto come di posto, di peso come di ruolo, nella dinamica economica e nel livello dell'edificio sociale. Con il loro spirito fossilizzato, le bande di Hitler, come i razzisti dell'Urss, del Sudafrica, degli Stati Uniti e dell'Europa sono impotenti ad afferrare questa dialettica. Nelle prime società, i tre fattori del processo di produzione erano talmente fusi da essere difficilmente distinguibili. Non cosa si produce, ma come si produce, distingue la produzione e i rapporti sociali. Il frumento si produce infatti nel capitalismo odierno come si produceva nella Roma schiavista. Nella determinazione del modo di produzione, la distribuzione prevale quindi – giusta Marx all'inizio dei Grundrisse – sulla produzione: Preoccupato soprattutto di cogliere la produzione moderna nelle sue strutture e nelle sue articolazioni sociali determinate, Ricardo si dimostra l'economista per eccellenza della produzione. Proprio per questo egli afferma che il vero tema dell'economia moderna non è la produzione, ma la distribuzione. Da ciò risulta una volta di più la scipitezza degli economisti che vedono nella produzione delle categorie eterne e relegano la storia nella sfera della distribuzione.[9] I legami naturali di parentela hanno dunque determinato i rapporti sociali del comunismo primitivo appena emerso dalla natura ed è stato necessario attendere un forte aumento delle forze produttive perché tutti i rapporti sociali fossero condizionati dal processo di produzione: a prescindere dalla forma più o meno sviluppata della produzione sociale, la produttività del lavoro resta anzitutto legata alle condizioni naturali in cui essa si effettua, condizioni che nel comunismo primitivo possono tutte ricondursi sia alla natura dell'uomo, alla razza, ecc., sia alla natura circostante. Le condizioni naturali esterne si dividono dal punto di vista economico in due grandi classi: ricchezze naturali in mezzi di sussistenza – fertilità del suolo, acque pescose, ecc. – e ricchezze naturali in mezzi di lavoro – cascate, fiumi navigabili, legname, metalli, carbone e così via. |
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Quest'ultimo modo di ricchezza favorisce il passaggio al capitalismo, che nella sua fase imperialista sviluppata saccheggia mezzi di lavoro e materie prime nel mondo intero, bloccando così lo sviluppo spontaneo al capitalismo nei paesi soggetti al giogo colonialista.
Le condizioni ambientali naturali gravano pesantemente sulle società primitive, il cui basso livello tecnico non permette di sopperire alle carenze locali. Anche se può sembrare paradossale, una natura troppo prodiga "tiene l'uomo per mano come si tiene un bambino con le dande": non fa dello sviluppo una necessità imperiosa della natura. Il comunismo primitivo si è dunque mantenuto in due tipi di regioni di carattere diametralmente opposto: 1. nelle regioni tropicali, ove la natura esuberante evita all'uomo il ricorso all'abilità e all'industriosità per vivere; 2. nelle regioni inospitali, ove i mezzi di lavoro non favoriscono lo sviluppo delle forze produttive: nelle zone periferiche, nelle regioni desolate e deserte, di palude, di montagna o nelle regioni glaciali. Ad aumentare il numero delle regioni nelle quali lo sviluppo verso la forma capitalista è stato bloccato a uno stadio inferiore della successione delle forme di produzione hanno contribuito anche fattori sociali: la folle ricerca di materie prime e di altre ricchezze a profitto dei paesi capitalistici avanzati non ha fatto che frenare l'evoluzione sociale di paesi che avrebbero potuto altrimenti accedere più facilmente allo sviluppo moderno, se i mezzi di produzione non si concentrassero incessantemente e nella maniera più gigantesca nei paesi "avanzati" a causa delle leggi della centralizzazione del capitale [10]. Non è affatto contraddittorio che una natura troppo generosa, che fornisce agli uomini mezzi di sussistenza molteplici e facili da ottenere, eviti loro la fatica di sviluppare mezzi di lavoro che accelerino la dinamica produttiva e sociale, e che le regioni ingrate giungano allo stesso risultato per la semplice ragione che sono povere di mezzi di lavoro ed esigono che l'elemento umano naturale si concentri al massimo per compensare questa lacuna. Per il sorgere effettivo del capitalismo occorre una lunga evoluzione preliminare dei rapporti sociali che possono evolvere solo sulla base di una crescita delle forze produttive e dei mezzi di produzione: condizioni naturali favorevoli forniscono la possibilità, ma mai la realtà del sopralavoro, ossia del profitto e del plusvalore. Non il clima tropicale con la sua vegetazione lussureggiante, ma la zona temperata, è la madrepatria del capitale. Non la fertilità assoluta del suolo, ma piuttosto la diversità delle sue qualità chimiche, della sua composizione geologica, della sua configurazione fisica e la varietà dei suoi prodotti naturali formano la base naturale della divisione del lavoro e, col mutare delle condizioni naturali nel cui ambito l'uomo dimora, lo spronano a moltiplicare e a diversificare i suoi bisogni, le sue facoltà, i suoi mezzi e modi di lavoro.[11] Marx prosegue spiegando: Le cattive condizioni idrauliche, impedendo l'appropriazione dei frutti della terra per tutto l'anno, spinsero allo sviluppo della forma secondaria nella sua variante asiatica, la più antica e la più ampia, con il bisogno di irrigazione che provocò un rivoluzionamento dei rapporti sociali primitivi. Le condizioni naturali che determinano la grandezza relativa del lavoro necessario alla vita, e dunque anche il sovraprodotto, trovano degli ostacoli nel modo di produzione già esistente. Ogni ulteriore progresso delle forze produttive può quindi essere raggiunto solo attraverso un mutamento dei rapporti sociali, e questo provoca una prima scissione tra le due condizioni preliminari della produzione con un ribaltamento del loro peso rispettivo. L'umanità entra nella storia, e la produzione umana trova nello scambio mercantile la leva per una produzione allargata e un progresso universale. Produzione e distribuzione Le forme di distribuzione del comunismo primitivo sono collettive, essendo direttamente condizionate dalla prima grande forza produttiva, la comunità, e limitandosi la produzione in grosso ai mezzi di sussistenza. La divisione del lavoro affatto naturale e limitata agli individui nelle loro particolarità fisiche, età e sesso, non intacca affatto il carattere comunitario dell'appropriazione: La prima forma di appropriazione è quella della proprietà tribale. Essa corrisponde a uno stadio poco sviluppato della produzione, in cui un popolo si nutre di caccia, di pesca, di allevamento e, a rigore, di agricoltura. Pastori, cacciatori e agricoltori si riferiscono naturalmente alle condizioni del loro lavoro come alla proprietà della comunità, la quale si produce e si riproduce nel lavoro vivente. L'individuo è proprietario o possessore solo in quanto elemento e membro di questa comunità. L'appropriazione reale attraverso il processo di lavoro si effettua in condizioni che non sono legate al prodotto del lavoro, ma che appaiono naturali e divine (p. 452). Lo sviluppo estremo del comunismo primitivo Nel corso dell'umanità, il periodo più lungo è quello occupato dalle società comuniste primitive, grazie alla loro straordinaria stabilità, indice non di sclerotizzazione e immobilità, ma al contrario di estrema vitalità e plasticità [13]. Proprio in questo periodo si sono infatti operate le trasformazioni più importanti dell'umanità. Come dimostra Morgan nella Società antica (cui si riallacciano pienamente Marx ed Engels), è occorsa più ingegnosità per fare le prime scoperte fondamentali – ad esempio la ruota e il mulino – che per realizzare le sofisticate invenzioni della moderna tecnica.L'inesauribile dinamismo delle strutture organiche del comunismo primitivo implica la possibilità reale di molteplici e radicali mutamenti delle sue formazioni. Teniamo presente tre evoluzioni essenzialmente differenti: 1. il passaggio precoce del comunismo primitivo alla forma secondaria di produzione; 2. l'evoluzione più o meno rapida verso la forma più alta del comunismo primitivo; 3. il passaggio allo stadio, secondario, terziario, e anche quaternario del comunismo primitivo stesso. Analizzeremo ora la forma più compiuta raggiunta dal comunismo primitivo, quello dell'Impero inca, che occupava quasi tutta la costa occidentale dell'America del Sud, estendendosi dall'Ecuador, Perù, Bolivia, fino al Cile del Sud. Questo impero fu distrutto nel fuoco e nel sangue dai conquistatori spagnoli tra la fine del XV e i primi decenni del XVI secolo. Nonostante le affermazioni di Marx sull'indubbio carattere comunista della società inca del Perù, questa viene da alcuni commentatori collocata tra le prime società di classe. L'ideologia borghese fa loro scorgere i rapporti di classe ovunque, persino nella lotta per la vita degli animali, in cui Darwin ravvisa la legge borghese della concorrenza. Solo l'integrale concezione del marxismo permette di non deformare i rapporti del passato col proiettarvi le moderne concezioni, che diffamano le società primitive del comunismo criticandole attraverso l'ottica borghese. Wittfogel, il teorico della terza Internazionale per le questioni asiatiche, pretendeva che la società inca appartenesse – come le società dell'Egitto e di Babilonia – alla forma di produzione ASIATICA semplice, che egli distingueva dalla sua forma sviluppata, diffusa nell'India e in Cina all'epoca dell'incursione dei colonialisti. Questa teorizzazione ebbe un ritorno di fiamma quando Wittfogel, rotti i ponti col comunismo, si mise al servizio dell'imperialismo americano e propagò i suoi lavori sul dispotismo asiatico. Alcuni suoi lavori del periodo rivoluzionario restano nondimeno notevoli, soprattutto per la copia di dettagli sulle condizioni fisiche che hanno determinato la produzione delle società antiche, sebbene Wittfogel difetti un po' di dialettica per collegare queste condizioni fisiche con i rapporti sociali e storici quali li sottolinea Marx ad esempio nei Grundrisse (che Wittfogel all'epoca non conosceva ancora). L'impero del comunismo primitivo del Perù continuava dunque a sussistere quando la forma asiatica si era già sviluppata da millenni nel Medio Oriente mediterraneo, nell'antico Egitto, nella Caldea, a Babilonia, ecc, dove secondo Engels nacquero i rapporti mercantili che avrebbero condotto allo sviluppo delle società di classe: la legge mercantile del valore di Marx abbraccia dunque un periodo che dall'inizio dello scambio, che trasforma i prodotti in merce, arriva fino al XV secolo della nostra era. Orbene, lo scambio di merci risale ad un'epoca preistorica che ci riporta in Egitto e Babilonia rispettivamente a 3.500 (forse 5.000) e 4.000 (forse 6.000) anni prima della nostra era [14]. Questa straordinaria ricchezza dello sviluppo umano implica un intrecciarsi di forme originali diverse e persino contraddittorie: mentre la forma inca rappresentava il comunismo primitivo, l'Egitto, Babilonia, ecc., rappresentavano l'inizio dell'evoluzione verso la legge sviluppata del valore del capitalismo, che apparirà all'inizio del XV secolo. Chiedersi se questi pionieri della legge del valore siano più degni di ammirazione di quelli che hanno spinto la forma arcaica al suo massimo sviluppo, equivale a confessare di non aver compreso nulla del nostro tema, che consiste proprio nel distinguere le caratteristiche essenziali di ciascun modo di produzione e non nel confondere le forme sociali dell'Impero inca con quelle dell'Egitto e di Babilonia. L'errore di Wittfogel è tuttavia ancora meno grave di quello degli stalinisti, i quali nel corso dell'ultima carneficina imperialista si sono alleati con la democrazia occidentale e vedono ipocritamente il diavolo del lotalitarismo ovunque non regni il liberalismo. Per poter affermare che l'impero inca era uno Stato schiavista costoro hanno aggiunto una nota al libro I del Capitale di Marx: l'infetto macellaio degli Incas, Pizzarro, si è certamente rivoltato nella tomba per la gioia: massacrando gli indiani del Perù e rovinando il loro Stato e i loro rapporti sociali egli aveva lottato per la libertà. Era dunque un vero e proprio emancipatore, come davano ad intendere gli odiosi missionari colonizzatori. Ma a scorno di tutti i falsificatori passati presenti e futuri, Marx non consente dubbi quando evoca la produzione sociale "del comunismo già più elaborato delle tribù peruviane". Le citazioni di Marx che spiegano come egli sia giunto a questa definizione, ci permetteranno di enucleare ancora alcuni tratti distintivi del primo comunismo: Marx insiste qui su due criteri essenziali che distinguono le società di classe dal comunismo (primitivo o superiore): quest'ultimo ignora sia il denaro, sintesi del carattere mercantile dei prodotti, sia la mercantile divisione del lavoro, che scinde la società in gruppi e classi con interessi divergenti e opposti. Egli scrive nei Grundrisse: "Esistono società le cui forme sono molto sviluppate, eppure storicamente meno avanzate. Vi si trovano le categorie più evolute dell'economia, quali la cooperazione, la divisione sviluppata del lavoro, ecc., senza che esista la minima traccia di denaro: tale è il caso del Perù" (p. 27). Marx chiarisce in seguito la fondamentale distinzione tra la "ripartizione del lavoro" comunista (espressione della molteplicità delle diverse produzioni volte a soddisfare i crescenti bisogni del lavoro, che non fraziona la società ma integra anche gli uomini in un insieme unitario) e la divisione del lavoro mercantile (che separa i produttori e li oppone tra loro e ai non-produttori): l'ipotesi che i soggetti dello scambio producano valori di scambio non presuppone una divisione del lavoro in generale, ma una forma specifica di questa. In Perù, ad esempio, il lavoro era ben diviso come pure nelle piccole comunità auto sufficienti dell'India. Ma, in questi casi, la divisione del lavoro non implica una produzione fondata sul valore di scambio, ma al contrario una produzione più o meno direttamente comunitaria (p. 1098). In Per la critica dell'economia politica, Marx precisa infine: Fra i peruviani, ad esempio, il lavoro era estremamente diviso, benché non vi avessero luogo scambi privati, né scambi di prodotti sotto forma di merci (cap. I, fine). In breve, l'elemento caratterizzante la produzione comunitaria è il fatto che i prodotti non si trasformano in merci. I membri della comunità si trovano socializzati in maniera diretta per la produzione, mentre il lavoro è, ripartito secondo la tradizione e i bisogni esattamente come i prodotti, nella misura in cui arrivano al consumo. Questa produzione immediatamente sociale, così come la ripartizione diretta, escludono qualsiasi scambio di merci, e quindi qualsiasi trasformazione dei prodotti in merci (per lo meno all'interno della comune) e conseguentemente in valori.[15] Nel Perù, in assenza della misura del valore o del denaro, l'amministrazione e la contabilità dovevano essere molto sviluppate e centralizzate, come per ogni organismo vivente. Ma l'economia era totalmente naturale. Ogni, funzione, ad esempio nella società delle api, è indispensabile alla vita di tutti (pur non "lavorando fisicamente" come le "operaie", i maschi e la regina hanno un ruolo ben preciso, e quando sono troppo numerosi per ricoprirlo, vengono eliminati; in ogni caso, non sfruttano le operaie e non creano settori produttivi destinati al proprio uso, privi di interesse per l'insieme). Tale società ha costituito l'esempio più straordinario dell'adattamento dell'uomo a condizioni ambientali particolari in un'epoca di minimo sviluppo delle forze produttive: ciò spiega la tenacia di queste forme, e la loro fragilità di fronte all'invasore bianco, facile vincitore grazie alla superiorità militare assoluta dell'infinitamente più avanzata e produttiva forma di produzione capitalistica. In tutte queste società comuniste, la produzione avviene in comune e le strutture sociali sono fondate sulla consanguineità. Costruite come un albero genealogico, non vi si entra se non si è parenti naturali o adottivi. La società di classe con oppressi e privilegiati che qualcuno ha voluto vedere nella società inca, era solo una società nella quale alcuni gruppi esercitavano certe specifiche funzioni che conferivano loro apparentemente vantaggi e autorità. Engels rileva a questo proposito che non esistono lavori effettuati in comune senza una autorità (che nel comunismo superiore potrà essere indifferentemente esercitata dall'uno o dall'altro, in quanto sarà ormai staccata da una persona fissa, in seguito all'abolizione anche a livello individuale della divisione del lavoro o professione stabile). Ma egli distingue subito tra l'autorità di una volontà che impone una decisione ad un'altra, il che è inevitabile quando si vive in società e si collabora ad una stessa opera, e una autorità che comporta subordinazione e sottomissione, ossia una forma di società sfruttatrice che utilizza una struttura di costrizione a profitto di una minoranza di oziosi gaudenti. Nella società inca, le stesse funzioni "nobili" e "superiori" erano necessarie all'avanzamento armonioso dell'insieme. Siamo qui nella forma più sviluppata del comunismo primitivo, che annuncia già i gruppi privilegiati che nelle successive forme secondaria e terziaria evolveranno in classi – ciò che per il marxismo rappresenta un progresso. Nell'Anti-Dühring Engels spiega come queste funzioni particolari non siano legate a classi: In ognuna di queste comunità, esistono sin dal principio certi interessi comuni, la cui salvaguardia deve essere affidata ad alcuni individui, se anche sotto il controllo della collettività: giudizio sulle controversie, repressione degli abusi di singoli che vanno al di là dei loro diritti, controllo delle acque, soprattutto nei paesi caldi e, infine, dato il carattere primitivo e selvaggio della situazione, funzioni religiose. Simili attribuzioni di funzioni si riscontrano in ogni epoca nelle comunità primitive, l'urne nelle più antiche comunità della marca germanica, e ancor oggi in India ( Teoria della violenza, IV). Nel comunismo primitivo non esistevano dunque, di conseguenza, sovrastrutture (di coercizione) politiche, giuridiche o ideologiche, caratterizzate da funzioni separate dal controllo della comunità, che veniva esercitato nelle assemblee collettive. Engels descrive entusiasticamente, sull'esempio dei pellirossa, l'organizzazione del comunismo primitivo: La grandiosità ma anche il limite dell'organizzazione gentilizia consiste nel fatto che non vi è posto, in essa, per il dominio e il servaggio. Al suo interno non vi è ancora alcuna distinzione tra diritti e doveri. Per l'indiano il problema se partecipare agli affari pubblici, se praticare il taglione o altri modi di riparazione, sia un diritto o un dovere, non esiste: gli parrebbe altrettanto assurdo quanto il chiedersi se mangiare, dormire, andare a caccia sia un diritto o un dovere.[16] All'inizio non esiste che una distribuzione molto elementare degli uomini tra le diverse branche di attività corrispondenti a funzioni e compiti indispensabili al buon andamento della collettività, e determinate dalla loro utilità (valore d'uso, e non di scambio). La divisione del lavoro non è stabile: il lavoro cambia con l'età, come è normale, e il lavoro delle donne corrisponde in certe tribù ad attività svolte in altre tribù dagli uomini. Se pure la fabbricazione di armi e utensili richiede un determinato orientamento, non per questo l'uomo è condannato a vita a uno stesso mestiere. La divisione del lavoro in base all'età e al sesso esclude comunque l'esistenza delle classi, per il semplice motivo che i due sessi sono necessari per conservare e riprodurre una classe, pena la sua estinzione. La divisione naturale del lavoro è non ereditaria, ma passeggera.
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[1] Cf. Engels, l'Origine della famiglia, Ed. Riuniti, Roma 1976, cap. Vili, p. 1 86, La formazione dello Stato presso i tedeschi. Le nazionalità sono progressive solo nel corso di una fase storica – finché non sfociano nelle nazioni borghesi, determinate in maniera più specificamente politica. C'è forse bisogno di ricordare la formula del Manifesto, secondo cui il comunismo abolirà le nazionalità?
[2] Cf. Engels, il Ruolo del lavoro nella trasformazione della scimmia in uomo, studio redatto nel 1876 e pubblicato nella Neue Zeit del 1895-96. Ora in Marx-Engels, Opere, vol. XXV, Editori Riuniti, Roma 1974. [3] Da qui alla fine del capitolo, il testo corrisponde grosso modo alle prime pagine della III sezione del Capitale I, La Produzione del plusvalore assoluto, in cui Marx definisce le parti componenti il processo lavorativo. [4] Cf. Marx, la Critica del Programma operaio tedesco di Gotha (1875), la citazione è nella prima pagina a confutazione della tesi socialdemocratica, secondo la quale il lavoro è la sola fonte della ricchezza ... e della cultura. [5] Cf. Marx, Il Capitale I, cap. XII, 4. [6] La distinzione tra la terra, oggetto di lavoro, e il bestiame, mezzo di lavoro o di produzione, riveste una fondamentale importanza sotto il capitalismo, poiché la terra darà luogo alla rendita fondiaria, reddito dei proprietari fondiari, e il bestiame al profitto, reddito dell'imprenditore capitalista, il fittavolo borghese. [7] Cf. Engels, l'Origine della famiglia ecc., cap. V, Genesi dello Stato ateniese, Ed. cit p. 140. [8] Cf. Marx a Vera Zasulic, primo abbozzo, fine febbraio-inizio marzo 1881. [9] Cf. Engels, l'Origine della famiglia, ecc., cap. V, Genesi dello Stato ateniese, Ed. cit. p. 141. [10] Cf. Marx, Grundrisse, Ed. Riuniti, Torino 1976, p. 20. [11] Per prolungare la sua esistenza, lo stesso capitalismo frena nella sua fase senile lo sviluppo della produzione nei paesi non ancora sviluppati, concentrandosi sempre di più nelle metropoli. Marx riteneva di conseguenza che, in date precise condizioni di vitalità e di ampiezza del comunismo primitivo, era preferibile evitare ad alcuni paesi il passaggio attraverso l'inferno capitalista. > |
È la questione che egli pone nei vari abbozzi della lettera a Vera Zasulic, e nel passo della prefazione russa al Manifesto: "Il problema che si pone è di sapere: l'obcina russa, forma dell'arcaica proprietà comune del suolo, potrà, dal momento che è già in gran parte scossa, passare direttamente (in collegamento con la rivoluzione d'Europa occidentale che le fornirà i mezzi tecnici con aiuto fraterno da cui ogni traccia mercantilistica sarà scomparsa) alla superiore forma comunista della proprietà collettiva? O dovrà invece percorrere prima lo stesso processo di dissoluzione che caratterizza lo sviluppo storico dell'Occidente? La sola risposta oggi possibile è questa: se la rivoluzione russa darà il segnale a una rivoluzione proletaria in Occidente, in modo che entrambe si completino, allora l'attuale proprietà collettiva russa potrà servire di punto di partenza per una evoluzione comunista".
[12] Cf. Marx, Il Capitale I, sez. V, cap. XIV, Plusvalore assoluto e relativo, Ed. Utet Torino 1974, p. 663. [13] Cf. Marx, Il Capitale III, sez. VII, cap. 51, Rapporti di distribuzione e rapporti di produzione. Da notare che in questo passo Marx colloca la società Inca nel comunismo primitivo e non, come certi autori, nella forma asiatica, col pretesto dei suoi rapporti sociali elaborati. [14] Cf. la dimostrazione più dettagliata della capacità vitale del comunismo primitivo in confronto alle ulteriori forme di produzione sempre più antagonistiche, nel volume di prossima pubblicazione: Schieramento attuale delle forze in urto, cap. Campo di forze e periodizzazione, Ed. 19/75. [15] Cf. Engels, Prefazione al III Libro del Capitale, Roma, Ed. Riuniti, 1968, p. 39. [16] Cf. Engels, Anti-Dühring, sez. III, cap. IV, Opere XXV, Ed. Riuniti, Roma 1974.
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